Cambiare per non incastrarsi

Tutti nella vita abbiamo dovuto cambiare, per motivi esterni ed a causa di nuove consapevolezze, che rimodellavano il nostro essere ed il prodotto delle nostre azioni da esse derivanti.

In continuo cambiamento è il nostro processo di vita che ci impone sempre e costantemente la ricerca di nuove abilità per far fronte alle problematiche che ci si parano di fronte; dalla capacità di modellarsi sul cambiamento deriva il nostro successo o il nostro insuccesso, la nostra gioia oppure il nostro rammarico.

Si tratta dell’acquisizione della capacità di malleabilità e modellabilità del nostro campo mentale al cui interno già risiedono tutti i meccanismi per una sopravvivenza condotta in media felicità.

Ma c’è una disciplina che allena in maniera fortemente una delle capacità più importanti per essere resilienti ai cambiamenti di qualsiasi natura: lo Yoga.

Essendo disciplina che impone uno spettro di analisi totalitario, include fin dall’inizio il ristabilirsi di una connessione tra mente e corpo che è alla base dell’accettazione.

Il corpo, visto come strumento con il quale direzionarsi nella vita, subisce, con l’incedere del tempo, notevoli cambiamenti e avere nella propria faretra delle frecce che possano indirizzarci a conoscerlo meglio significa poter far meglio fronte al suo lento ma inesorabile mutamento.

Ancor più si specializza, in conoscenza su quell’elemento, maestro nell’arte del trasformismo, la mente, analizzandone dapprima i macro-pensieri per poi andarne a scandagliare i più sottili e sfuggevoli sino alla scoperta di quelle condutture indotte ed autoindotte nelle quali, in maniera non cosciente, andiamo ad incanalare la nostra attività mentale.

Il processo di liberazione dello Yoga è proprio da quelle catene che ci relegano a soffrire e mal gestire il cambiamento perché incapaci di mantenere un assetto di dinamica coerenza con il mutare della nostra consapevolezza, incapaci di indirizzarla in un circolo virtuoso di miglioramento continuo.

Con l’analisi dei processi ridondanti e circolarmente ossessivi si studia come estinguerne l’intensità affinché la nostra mente possa condursi attraverso i cambiamenti in maniera sempre più presente e focalizzata verso i nostri obiettivi.

Con lo studio della modalità di azione e con l’allenamento alla costruzione di un campo mentale piacevole, si coltiva l’incisività del nostro operato in un processo illuminato che ci consegnerà un agire determinato e costantemente mosso da motivazioni eticamente sempre meno riprovevoli ed apprezzate in qualsiasi contesto.

Si dice che non si può bloccare la tempesta ma si può con essa imparare a danzare.

Ogni volta che definiamo “problema” un problema è quando il moto degli eventi prende una piega e la nostra mente non riesce a conformarsi a quella piega; un campo mentale su cui si conduce un atto disciplinante di tale portata è capace di plasmarsi e sempre di più essere conduttore, per propria e discriminata volontà, di quel cambiamento.

Le conseguenze di un campo mentale che prende le connotazioni di Niruddham, il più completo ed efficientato controllo per conoscenza della mente, consentono di poter attraversare il mondo con una capacità attrattiva fuori dal quello che ritenevamo possibile, rendendoci coscienti finalmente del potere insito nella frase “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. [cit Gandhi la grande Anima.]

 

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